Per la rubrica «L’avvocato risponde» il legale Fabrizio Speranza aiuta a capire diritti e doveri dell’iscrizione all’anagrafe dei residenti all’estero, l’AIRE.
“Sono a Malta da circa sei mesi e penso di rimanere visto che ho trovato lavoro. Mi hanno suggerito di iscrivermi all’AIRE. Sono obbligato? Che succede se non mi iscrivo?”
S
i tratta di un argomento di frequente discussione tra gli italiani che si recano all’estero. Vediamo di chiarire. Innanzi tutto, vediamo cosa è. Come troviamo ben descritto sul sito del Ministero degli Esteri come ancora in quelli di molte ambasciate e consolati, l’AIRE è l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E.) e contiene i dati dei cittadini italiani all’estero che vi si iscrivono, ed è gestita dai comuni sulla base dei dati e delle informazioni ricevute dalle rappresentanze consolari.
L’iscrizione all’AIRE è un diritto e anche un dovere e consente di usufruire di una serie di servizi forniti dalle rappresentanze consolari all’estero, quali il rilascio o rinnovo di documenti di identità e di viaggio nonché l’esercizio vari diritti quale la possibilità di votare per corrispondenza per elezioni politiche.
Iscriversi è obbligatorio solo per i cittadini che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori a 12 mesi e quelli che già vi risiedono, perché nati all’estero o per successivo acquisto della cittadinanza italiana. L’iscrizione è gratuita e può essere effettuata facilmente sia nel comune di residenza che all’ufficio del consolato o anche online sul sito Fast It (Farnesina servizi telematici per italiani all’estero) di regola entro 90 giorni dal trasferimento della residenza e comporta la cancellazione dall’anagrafe del comune di provenienza. L’iscrizione inoltre, come la cancellazione, può anche avvenire d’ufficio, sulla base di informazioni di cui l’ufficio consolare sia venuto a conoscenza.
Importante sapere che pur non esistendo sanzioni per tale mancata iscrizione, tale “dimenticanza” può comportare indirettamente problemi di altra natura. A parte la mancata accessibilità ai servizi sopra indicati ed a qualche altro piccolo vantaggio quale il diritto di richiedere il rimborso dell’iva pagata sulle merci acquistate in Italia, si pongono infatti altre questioni ben più delicate principalmente legate alla prova della residenza fiscale la cui corretta individuazione è sempre di essenziale importanza.
Partendo da due semplici premesse, ovvero che le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente in un comune italiano sono automaticamente considerate dal Fisco soggetti passivi d’imposta in Italia, e che ogni soggetto fiscalmente residente in Italia ha l’obbligo di dichiarare tutti i redditi ovunque realizzati nel mondo, mentre invece per i cittadini residenti all’estero, la tassazione italiana è applicabile soltanto per i redditi ivi prodotti, possiamo facilmente intuire la questione.
Costante e recente giurisprudenza ritiene infatti che le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si debbano considerare, in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi d’imposta in Italia, con la conseguenza che, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’estero non potrà rilevare fino a che non risulti la cancellazione dall’anagrafe del comune italiano.
Non è che essere iscritti all’AIRE sia un elemento probante ed incontrovertibile di residenza effettiva all’estero, ma si tratta comunque di un dato formale importante al quale va dato la giusta rilevanza, sempre tenendo presente che le autorità fiscali potranno ben provare anche il contrario, con tutte le conseguenze del caso. L’Amministrazione finanziaria, in stretta collaborazione con i comuni, conduce infatti una attenta e costante attività di vigilanza volta ad ostacolare il fittizio trasferimento all’estero della residenza, per ottenere vantaggi fiscali.
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