Nel corso dell’ultimo mese, il governo maltese e le autorità sanitarie hanno gradualmente implementato misure preventive e di controllo per cercare di contenere la diffusione del virus nel Paese. L’isola si trova ora in una situazione per la quale, in determinate circostanze, anche il semplice fatto di uscire di casa può comportare una sanzione. Il quotidiano «Malta Independent» ha intervistato l’antropologo Anthony Falzon, che ha spiegato in che modo le attuali restrizioni anti-coronavirus stiano impattando sulla quotidianità dei maltesi.
Occorre tener presente che le misure rigorose che prevedono il distanziamento sociale e la quarantena sono espedienti chiave nella battaglia contro la diffusione della pandemia di COVID-19. D’altra parte, lo stile di vita restrittivo che ne risulta ha lasciato molti scioccati e confusi quando è arrivato il momento, per loro, di rinunciare alle piccole abitudini quotidiane.
Dai rapporti delle autorità di controllo risulta evidente che siano ancora in tanti a non rispettare il protocollo di prevenzione. «Piuttosto che domandarci perché alcune persone continuino a disobbedire alle regole, dovremmo chiederci come mai così tanta gente le stia rispettando. […] Si tratta di regole decisamente draconiane», ha osservato Anthony Falzon, antropologo e direttore del dipartimento di sociologia presso l’Università di Malta.
Con la polizia che disperde e multa le persone che escono per fare una passeggiata in gruppi più grandi di tre e impone di tenersi a una distanza di due metri l’uno dall’altro, è difficile capire come la gente si sia adattata a tutto questo così facilmente. «L’essere umano non è naturalmente predisposto ad essere obbediente e docile, per cui tali atteggiamenti vanno interpretati piuttosto come risultati di decisioni culturali e politiche», ha proseguito.
Secondo Falzon, il fatto che molte persone tendano a non rispettare le limitazioni alla propria libertà personale imposte dal governo dipende non tanto dalla cultura locale, quanto dalla natura umana in sé e per sé. «Preferirei non dare per scontato che esista una “cultura maltese” nazionale e unitaria di qualche genere: c’è una cultura che definisce Malta, ci sono forme culturali che immaginiamo come endemiche e distintive, ma nient’altro. […] In ogni caso, gli impatti hanno a che fare con cose come i ritmi della vita, ad esempio. Intendo sia ritmi quotidiani che stagionali», ha dichiarato Falzon.
La conseguenza più spiacevole a livello psicologico è che, con tutto quello che viene cancellato o bandito, le persone riscontrano difficoltà nell’organizzare il proprio tempo. In generale, è difficile continuare ad avere una normale percezione del trascorrere del tempo in questa situazione. «Mi è capitato di sentirmi dire cose del tipo: “Non mi ero nemmeno reso conto di essere già nel fine settimana”», ha osservato l’antropologo.
Secondo Falzon, da un punto di vista antropologico ne starebbe risentendo soprattutto la cosiddetta “cultura della mobilità”: i maltesi non possono più programmare, per il momento, un’escursione a Gozo per il weekend o una vacanza estiva all’estero.
«Le misure COVID-19 ci costringono a ridefinire la dimensione temporale e spaziale della nostra cultura, in un tempo irragionevolmente e irrealisticamente breve», ha concluso.
Fonte: Malta Independent