I ricercatori e attivisti del Tax Justice Network hanno stilato la classifica dei cosiddetti «paradisi fiscali». Se le isole caraibiche portano il Regno Unito in testa, Malta si piazza a uno scarso 23esimo posto.
Le Isole Vergini britanniche sono il nuovo paradiso fiscale: questo è quanto emerge dal Corporate Tax Haven Index 2019 dello scorso anno. A pubblicarlo è stato il Tax Justice Network, un gruppo di ricercatori e attivisti con una preoccupazione condivisa su ciò che sostengono siano gli effetti nocivi dell’evasione e dell’elusione fiscali.
In testa alla classifica dei 64 paradisi fiscali compaiono tre territori britannici d’oltremare: le Isole Vergini Britanniche, le isole Bermuda e le Cayman. Con la sua rete di paradisi fiscali, il Regno Unito è di gran lunga il più grande promotore al mondo di elusione dell’imposta sulle società, rappresentando da solo oltre 1/3 dei rischi di elusione fiscale mondiali. Rispetto alla prospettiva di investire in Europa, per una multinazionale è dunque più conveniente aprire società offshore nelle isole caraibiche, dove non sono previste imposte sugli utili societari né ritenute sui pagamenti di capitale.
Il 40% degli investimenti diretti transfrontalieri censiti dal Fondo monetario internazionale (pari a 18.000 miliardi di dollari) sono concentrati nei primi 10 Paesi della classifica, che offrono aliquote dell’imposta sulle società del 3% o addirittura inferiori. Non è un caso che una banca internazionale britannica del calibro di Barclays abbia investito nelle isole Cayman, potendo assistere i clienti nell’apertura di conti di risparmio e conti correnti con tassi di interesse competitivi nelle valute principali.
Malta si classifica, invece, al 23° posto, subito dopo la Francia e prima della Germania e degli Stati Uniti. Tra le multinazionali che hanno investito sull’isola si annoverano Starbucks con il suo store a Valletta, Catena Media con sede a Gzira e KPMG con sede a Pietà. Ma, nel complesso, Malta registra una scarsa presenza interna di multinazionali. Queste ultime potrebbero essere disincentivate ad investire nell’arcipelago maltese non solo per l’imposta sulle società minima del 35% (dati OECD 2019), ma anche a causa della direttiva anti-evasione proposta dalla Commissione Europea, rispetto alla quale Malta si è pronunciata contraria.
La direttiva “Country by country reporting” obbligherebbe le multinazionali a rendere pubblici i propri dati contabili e fiscali, ovvero quante tasse pagano in ogni Paese europeo in cui sono delocalizzate. La disposizione comunitaria non è stata ancora adottata dai singoli Stati europei a causa dell’impossibilità da parte del Consiglio competitività di raggiungere un accordo.
Una questione, quella della riservatezza dei dati societari, del tutto inesistente nelle isole caraibiche e nelle isole Cayman: in questi paradisi, i nomi dei dirigenti delle società registrate localmente non sono citati in alcun documento pubblico e i dirigenti stessi non sono tenuti a rivelare la propria identità alle autorità di tassazione estera.