Intervista a Giacomo Ratto, portiere italiano del Victoria Wanderers che nella sua carriera calcistica ha calcato i campi di mezzo mondo, da Varese a Malta passando per Panama, Fiji e la Mongolia.
Ciao Giacomo, innanzitutto grazie per avermi concesso questa intervista. Proviamo a ripercorrere la tua storia dall’inizio. Ti va di parlarci del tuo primo approccio con il calcio e dei tuoi primi anni di carriera?
Ho iniziato a giocare a calcio all’età di 8 anni nel Bosto, una delle squadre della mia città, Varese. Sono entrato nelle giovanili del Varese quando avevo 14 anni e la prima squadra disputava il campionato di Serie C1. Ho poi disputato svariati campionati di Eccellenza e Promozione fino ai 24 anni, oltre ad una breve esperienza in Svizzera.
Possiamo dire che la vera svolta della tua carriera sia arrivata nel 2013 con l’approdo a Gozo, nel Victoria Wanderers. Cosa ti ha spinto verso Malta?
Quando giocavo nel Leggiuno ho conosciuto il preparatore dei portieri Andrea Callegarini, che ha cambiato il mio modo di interpretare il ruolo.
A Malta arrivai grazie a Mario Muscat, al quale inviai il mio curriculum e materiale video. Fu grazie a lui che, il 03/01/2013, sbarcai a Gozo, pronto a giocare per il Victoria Wanderers.
Prima di arrivare a Malta il calcio era per me soltanto una passione, ma ho sempre creduto in me stesso e nelle mie qualità, per questo ho deciso di provarci.
Dopo Malta, nel tuo curriculum annoveri squadre di ogni parte del pianeta: Panama, Fiji, Nicaragua, Zimbabwe, Mongolia, Islanda e Grecia. Dove ti sei trovato meglio dal punto di vista calcistico? Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato?
Ho incontrato calciatori di talento in ogni posto in cui sono stato. Il livello migliore l’ho trovato a Malta e in Grecia, mentre in Mongolia ho trovato una buona tecnica ma difficoltà nell’aspetto tattico del gioco.
Proprio in Mongolia ho incontrato le maggiori difficoltà, dovute a problemi di comunicazione con i miei compagni di squadra, che non parlavano inglese e che, a causa della loro cultura, erano diffidenti verso di me perché ero straniero.
Immagino che, con tutte queste esperienze, tu abbia parecchi aneddoti da raccontare…
Nonostante sia stato in molti posti, niente mi è mai sembrato strano, perché sono molto aperto verso tutte le culture.
Forse è anche per questo che Rodrigo Hernando, mio allenatore in Mongolia, mi chiamava “el portero filósofo”, soprannome che sento mio perché rispecchia il mio modo di pensare e di vivere sia il calcio che la vita di tutti i giorni.
Penso che il vero aneddoto sia proprio l’avventura in sé.
Parliamo ora del calcio a Malta. Secondo te, che solo qualche mese fa giocavi in Islanda, paese con una popolazione inferiore a quella dell’arcipelago dove vivi ora ma che negli ultimi anni ha ottenuto grandissimi risultati calcistici, cosa manca a Malta per alzare il livello del proprio calcio?
L’Islanda negli ultimi anni ha effettuato investimenti veramente importanti nella formazione dei ragazzi e nelle infrastrutture, che a Malta vanno migliorate.
Devo però dire che, rispetto alla mia prima volta a Malta, sono già arrivati progressi su entrambe queste cose e penso che i risultati si vedranno nei prossimi anni, con una crescita dei giocatori sotto l’aspetto tecnico e tattico.
Sei alla tua terza esperienza a Gozo, ma fino a dicembre militavi nel Fgura United, a Malta. Quali differenze hai notato tra le squadre delle due isole?
Ritengo che la differenza principale sia data dal diverso utilizzo degli stranieri. Nella Premier maltese possono giocare 7 stranieri, mentre a Gozo ne possono giocare solo 4 più uno in panchina.
Se pensiamo che nel campionato gozitano anche i giocatori che vengono da Malta sono considerati stranieri, possiamo notare come il bacino di giocatori disponibili sia limitato e questo influisce in negativo sul livello del campionato, che comunque è buono.
Torniamo a te. Quali sono i tuoi sogni nel cassetto per il futuro?
Il mio primo obiettivo è raggiungere la salvezza in questa stagione a Gozo, dando il massimo per aiutare i miei compagni come ho sempre fatto finora.
In questo momento della mia carriera mi piacerebbe molto giocare nella Premier League maltese. Nel 2015 ci sono andato vicino, ma l’affare purtroppo non si concluse.
Quando smetterò di giocare, cercherò di prendere il patentino da allenatore. Ho un’idea di calcio divertente che mi piacerebbe vedere concretizzata sul campo.
Concludiamo con una domanda un po’ diversa dalle altre. C’è qualcosa che, nelle varie interviste che hai rilasciato, avresti voluto ti chiedessero ma che, invece, non ti hanno mai posto?
No, non penso. Mi piacerebbe però chiedere ai giornalisti italiani come mai non diano visibilità periodica ai calciatori italiani all’estero che non giocano in campionati di prima fascia. Parlano di tutto ma mai di noi, che siamo comunque dei professionisti. Ci sono tanti bravi calciatori italiani che espatriano e, a volte, vengono addirittura denigrati per questo.
La verità è che il calcio non esiste solo in Italia e fare la differenza è difficile ovunque.