In occasione dei 500 anni dell’anniversario della scomparsa di Leonardo Da Vinci, l’Istituto Italiano di Cultura, per una sera, è stato avvolto dalle antiche atmosfere di musiche, danze e costumi rinascimentali de “La Rossignol”.
Leonardo e il suo tempo: ecco il titolo dell’evento che, lo scorso lunedì 18 novembre a Valletta, ha inaugurato la settimana della cucina italiana nel mondo e celebrato i 500 anni della scomparsa del grande genio di Da Vinci.
Per l’occasione, il compito – ed il merito – di riportare gli ospiti ai tempi antichi è stato de La Rossignol, che, grazie ad un grande spettacolo composto da musica, danze e costumi, ha saputo ricreare sapientemente le atmosfere rinascimentali.
«Ciascun brano, costume e strumento da noi utilizzato è stato ricreato nei minimi dettagli secondo studi ed approfondite ricerche della storia antica. Lo stesso vale per le danze che portiamo in scena: ogni singolo movimento è frutto di un’accurata sintesi.» – così dichiara Domenico Baronio, maestro de La Rossignol, compagnia che, da oltre 20 anni, si occupa professionalmente di musica e di danza antica del Rinascimento italiano.
Lo studio delle fonti dirette, le indagini storiche, organologiche ed iconografiche, la grande attenzione all’aspetto spettacolare del proprio lavoro, hanno portato la compagnia, sin dal 1987, ad un’intensa attività artistica in Italia, Portogallo, Svizzera, Francia, Germania, Israele, Tunisia, Algeria, Egitto, Russia, Grecia, India, Cina, Giappone, Romania, Cipro, Spagna, Siria, Libano, Marocco, Slovenia, Ungheria, Bulgaria, Turchia, Pakistan, Austria, Polonia, Brasile, Albania, Taiwan, Messico, Città del Vaticano, Australia, Kenia, Slovenia, Croazia, Svezia, Colombia, Bolivia, Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Scandinavia, Kazakistan, Venezuela, USA, Arabia Saudita, Paraguay, Belgio, Indonesia, Vietnam, Bahrein, Repubblica Ceca, Myanmar con concerti e spettacoli in festival e rassegne di grande prestigio.
Quando è nata la sua passione per il Rinascimento come periodo storico?
“Diciamo innanzitutto che la mia vocazione principale si può circoscrivere nel periodo storico italiano che inizia con l’entrata in scena di Dante e termina con il celebre matrimonio di Ferdinando de’ Medici con Cristina di Lorena nel 1589 e l’inizio del periodo Barocco. Per quanto riguarda gli studi, mi sono formato nell’ambito scientifico e questo mi ha permesso di approfondire la mia passione per la ricerca, così come quella per la musica che coltivavo, in contemporanea, frequentando il conservatorio, in cui mi sono diplomato qualche anno dopo.
Crescendo, desideravo quindi ricreare una situazione che mi consentisse sia di esprimermi come musicista colto, sia di perpetuare la mia passione per la ricerca e la sperimentazione. Fu così che scoprì questa unità di intenti nella musica antica. Iniziai dapprima con la musica medievale, per poi focalizzarmi principalmente sul periodo rinascimentale, sicuramente più vasto da indagare per via delle numerose documentazioni a noi pervenute che ci hanno permesso di ricostruire persino le singole note, ed in particolar modo la danza, gli ambienti, le espressioni e così via.
E sono proprio la musica e la danza che hanno l’obiettivo di trasmettere e coinvolgere il pubblico attraverso delle emozioni che potrà ricordare e portare con sé per sempre. Per questa ragione, nelle nostre interpretazioni, anche gli stessi ballerini e musicisti, per esempio, sono degli strumenti che permettono agli spettatori di essere coinvolti appieno nello spettacolo. Non ci interessa far vedere quanto siamo bravi, ma vivere lo spettacolo unitamente al pubblico, provando insieme delle emozioni. Nessuna persona, prima di partecipare ad un nostro spettacolo, si aspetta di trovarsi a battere le mani a tempo assieme ad una zampogna, una ghironda, un tamburo, ma, alla fine, lo fa, e persino volentieri (provare per credere)”.
Come nasce la composizione di un brano?
“Il 70% si concretizza nel lavoro di ricerca non soltanto musicale, ma che riguarda anche le emozioni, gli ambienti, le occasioni, le situazioni che contribuivano a generare questo tipo di composizione. In questo panorama si inseriscono la musica, la danza, gli strumenti i costumi e così via. Il discorso, quindi è complessivo, non è fatto soltanto di note ma si tratta di una sinestesia di elementi.
Partiamo da un’idea come, per esempio, quella di Leonardo e poi, da lì, ragioniamo per trovare un percorso. In questo caso è stato facile perché Leonardo era un musicista di grande talento oltre che molto attivo nel campo dell’organizzazione della cultura in senso lato, quindi è bastato seguire il suo percorso”.
È la prima volta che si trova a Malta?
“No, non è la prima volta. Siamo già venuti qui dieci anni fa, a Gozo, ospiti del grande musicista, recentemente scomparso, Joseph Vella in concomitanza del Festival di musica sacra di Cittadella. Siamo stati invitati anche altre volte, sempre da Joseph Vella, ma purtroppo non è stato possibile concretizzare. A Valletta, lo scorso lunedì, è stata la prima volta”.
Qual è il suo brano, il suo strumento ed il suo costume preferito?
“Secondo me non esiste una risposta a questa domanda. Nella mia carriera ho inciso un totale di 28 CD e mi è capitato spesso che mi chiedessero quale fosse il mio preferito. Io rispondo sempre nella stessa maniera: “Sono tutti figli miei. Non posso preferirne uno all’altro”. Diciamo che la cosa che preferisco è quella giusta al momento giusto.
Per esempio, nello spettacolo di Leonardo, le cose giuste al momento giusto erano i costumi che indossavamo durante lo spettacolo, due dei quali sono copia del costume di Massimiliano Sforza – probabilmente su disegno di Leonardo -, il costume che indossavo io, ricostruzione di un costume nobile milanese ed i costumi dei ballerini che rappresentavano la nobiltà”.
Qual è lo spettacolo più memorabile che l’ha maggiormente emozionata?
“Anche qui non saprei scegliere, ma lo spettacolo dedicato a Leonardo, ovvero quello che abbiamo portato a Malta, è per me una grande emozione perchè rappresenta un grande passo avanti per noi. Si tratta di un lavoro monografico dedicato ad un personaggio ma anche ai luoghi in cui egli ha vissuto e operato: un percorso che si addentra nelle varie situazioni storiche.
Non si tratta di arrivare a comporre un brano, ma di scegliere situazioni complete e assemblarle, ricostruendo le scene partendo da zero. Di conseguenza, per me, tutti gli spettacoli sono suggestivi. Mi emoziona sempre vedere prendere vita ogni opera che ho studiato tanto dietro ai libri.
La figura di Leonardo è molto amata, soprattutto all’estero. Per questa ragione questa rappresentazione è già stata replicata una sessantina di volte in tutto il mondo. La prossima sfida sarà Raffaello: nel 2020 ricorrerà il centenario della sua scomparsa. E poi toccherà a Dante”.
Vuole trasmettere un messaggio a tutti gli italiani a Malta che, come lei, provano a lasciare un segno della propria identità e della propria cultura all’estero?
“Io penso che un italiano che sia fuori dall’Italia comunque soffra sempre questa lontananza. Noi siamo stati ovunque, abbiamo girato il mondo, però ogni volta che l’aero atterra in Italia, si apre il cuore in continuazione. Queste emozioni credo che valgano per tutti: casa è sempre casa. Le persone lontane dalla propria patria lo sono perché le vicissitudini, la vita, le contingenze le hanno portate altrove, ma il cuore resta sempre nella terra madre e, ciò che posso augurare, è che il cuore continui a restare lì”.