A due giorni dall’atteso concerto a Ta’ Qali, abbiamo raggiunto telefonicamente Gianni Morandi, leggenda della musica italiana. Il nostro Carlo Campione ha parlato con lui del rapporto con Malta, del suo spettacolo, e di tanto altro ancora.
Gianni, inizi cantare già da piccolo per 1000 lire a serata, nel 1961 ottieni la prima scrittura per una intera estate presso il Dancing Arlecchino di San Mauro Mare, poi partecipi al concorso Voci Nuove Disco d’Oro a Reggio Emilia arrivando fra i finalisti, l’anno dopo nel 1962 esce la canzone “Andavo a 100 all’ora”. A quel tempo eri già convinto che saresti stato un cantante professionista?
«La maestra Alda Scaglioni mi selezionò ad un provino, in quegli anni guadagnavo qualcosa con l’orchestrina con la quale cantavo, non avevo la sicurezza di poter fare questo come lavoro. La consapevolezza è venuta dopo, con il tempo, insieme alla passione per la musica. All’inizio è stato un gioco, io più che altro lavoravo con mio padre, avevo però la possibilità di andare in giro a cantare e guadagnare qualche lira.»
Il primo brano impegnato fu “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, una canzone di protesta contro la guerra del Vietnam che Migliacci al tempo non approvò; il brano infatti non venne trasmesso in televisione in quanto troppo in contrasto con la politica degli Stati Uniti, ma dopo un tiepida accoglienza il brano raggiungerà la testa della classifica. Secondo te un artista ha delle responsabilità nei confronti dei giovani?
«Alla fine degli anni sessanta e negli anni settanta eravamo una generazione di artisti che erano impegnati, che facevano protesta, ed anche un discorso politico; io negli anni settanta fui tagliato un po’ fuori, perché forse rappresentavo della musica più leggera, meno impegnata. Infatti sono stati gli anni della crisi per me, anche una canzone come “C’era un ragazzo che come me ..”, che era impegnata, non bastava.»
C’e da dire però che tu da questa crisi, a differenza di molti altri artisti di quegli anni, ne sei uscito alla grande, e non hai continuato la tua carriera con dei semplici revival, ma hai realizzato tanti album e canzoni di successo.
Mio padre Vitaliano oltre alla pittura ha dedicato buona parte della sua vita alla musica, ha insegnato chitarra classica, ed alla fine degli anni sessanta suonava come chitarra solista a Milano con la sua band “Milano Centrale” cover dei Deep Purple e Black Sabbath, ma durante la mia infanzia ha sempre suonato con la chitarra acustica tutto il repertorio della musica italiana, fra cui le tue canzoni. Quanto è importante secondo te continuare a proporre brani classici italiani alle nuove generazioni?
«Gli anni 60′ e 70′ sono stati degli anni straordinari per la musica, infatti sono gli anni in cui nascono i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, quindi anni indimenticabili, rimane un periodo fondamentale per le nuove generazioni, che ancora oggi assorbono questo tipo di musica, ma i giovani hanno però la loro, quella di oggi è una musica che ha un valore, ogni generazione ha la sua musica.»
Hai già risposto a quella che sarebbe stata la mia prossima domanda, molti artisti dei nuovi generi musicali secondo me non hanno una preparazione tecnica paragonabile a quelli del passato, riescono ad avere successo con testi abbastanza strampalati, e dei contenuti disponibili.
«Attenzione Carlo, ci sono dei nuovi artisti, almeno in Italia molto preparati, spesso non sembra, ma hanno un ottimo background e delle ottime idee, poi sai oggi in rete hai la possibilità di ascoltare tutto quello che succede nel mondo, quindi anche la qualità e la ricerca è più facile.
È invece più difficile affermarsi, perché c’è una concorrenza enorme, proveniente da tutto il mondo, esce nuova musica tutti i giorni, dall’Inghilterra, dalla Francia, dalla Norvegia, dall’Australia, da Malta, dall’Italia, dappertutto, quindi oggi l’artista per avere successo ha molte più difficoltà di quante ce ne fossero negli anni Sessanta. Almeno io la penso così, e non è vero che non sono preparati, ci sono artisti come i Thegiornalisti, Calcutta, Salmo, etc. che hanno delle qualità. Certo la musica è cambiata, così come la tecnologia e il ritmo, però le cose buone esistono anche oggi.»
Parlaci del tuo rapporto con Malta, e del tuo concerto che ripercorrerà tutta la tua carriera con moltissimi brani.
«La prima volta che sono venuto a Malta era con la Nazionale Italiana Cantanti negli anni 90′, quando giocammo contro una selezione di artisti, giornalisti e personalità maltesi. Fu una bellissima partita, con lo stadio pieno di gente, c’era un tifo bellissimo; era come se ci fosse un incontro fra due nazionali di calciatori professionisti, invece c’erano cantanti come Ramazzotti, Ruggeri, Giacobbe, Fogli, Pupo, Mingardi, ed altri, mi sembra che proprio all’ultimo minuto sul 2-2, vinse Malta, e al gol ricordo un un tripudio generale.
Nel 2007 Claudio Baglioni mi invitò a fare uno spettacolo insieme a lui e Riccardo Cocciante, al porto di Malta, c’erano migliaia di persone, e fu uno spettacolo veramente bellissimo. Questa è la prima volta che vengo da solista sull’isola, mi hanno invitato tante volte, ma non c’è mai stata l’occasione. Una volta ero impegnato con un film, un’altra volta ero in televisione. Adesso canterò a Malta.»
Che programmi hai per il prossimo futuro e come fai a mantenerti così in forma?
«Ma sai ho sempre giocato al calcio, mi sono appassionato alla corsa, ho fatto molte maratone, e corro ancora oggi. Questa abitudine fa bene al fisico, ma anche alla voce: il corpo ha sempre bisogno di essere sollecitato. In merito alla prima domanda, non appena ritorno da Malta inizierò la preparazione di questa serie televisiva che si chiama “L’isola di Pietro”, che gireremo in Sardegna per la terza stagione. Infine penserò a fare dei nuovi concerti verso la fine dell’anno, in qualche teatro in Italia ed in Europa.»