Sei al purgatorio con la punizione che dovrai mangiare sempre lo stesso piatto. L’unica cosa positiva: lo puoi scegliere tu. Quale sceglieresti?
«Salsiccia e friarelli. I friarelli sono una verdura invernale molto amara e molto amata a Napoli, ma anche mangiata in Portogallo e in Galizia, nel nord della Spagna. Si deve prendere la verdura prima della fioritura d’inverno, poi va bollita e/o soffritta con aglio, olio e peperoncino. Non mi stanco mai di mangiare questa combinazione. Forse siamo una delle poche popolazioni che ama l’amaro».
Dove hai cucinato prima di venire a Malta?
«In Italia ho cucinato in Caserta, Molise e Veneto. All’estero in Croazia, Egitto Svizzera e Inghilterra prevalentemente nei ristoranti degli hotel. Ho cucinato per grandi eventi, come i matrimoni, il più grande è stato per 250 invitati eravamo 8 in cucina. La cucina è una cosa seria, non è un reality. Adesso c’è tanta improvvisazione e show. Lo chef deve saper fare tutto e dare il buon esempio: pulire, ordinare e pianificare la richiesta di cibo, l’atto del cucinare è solo una parte. C’è da soffrire molto, lavorare quando gli altri si divertono, passare il Natale a cucinare. Ma senza emozioni non riesco a cucinare».
Dove ti sei formato?
«Ho fatto l’alberghiero, poi ho fatto corsi di “cake design” a Londra e Caserta, perché sono anche pittore e scultore. Il lavoro in hotel mi ha dato disciplina. Nel lavoro sono pignolo e disciplinato. Odio i maleducati, sono molto rispettoso, anche perché non voglio che gli altri siano maleducati con me».
Quali sono i prodotti tipici della tua regione?
«La Campania era l’orto di Roma quando c’era l’impero romano. Una combinazione di terra vulcanica, clima e vento fa si che ogni prodotto dalle verdure alla frutta, passando dalle carni al pesce per finire ai derivati del latte abbia un sapore speciale. Io sono di Caserta, lì abbiamo maialino nero casertano che ha un sapore selvaggio. I pomodori sono speciali fra il dolce e il salato. La mozzarella di latte di bufala non ha paragoni e va mangiata fresca. Nelle salumerie napoletana la mozzarella arriva 3 volte al giorno, così la puoi sempre mangiare fresca. La mela anurca, una mela piccolina, un po’ aspra e molto salutare, io la cucino anche con il maiale. Con le farine di grano duro si fa la migliore pasta. E potrei continuare per un bel po’».
Quali sono le ricette tipiche della tua regione?
«La cucina napoletana è molto varia. A me piace la carne, il ragù napoletano con pezzi di tracchiulelle (pancia e schiena del maiale), cotto per almeno tre ore. A Napoli si fa con i pezzi di carne, non con il macinato. Un altro condimento poco conosciuto fuori da Napoli è la genovese, un ragù di carne e cipolla: una vera delizia! Ho provato qualcosa di simile nel sud della Francia. Loro lo mangiano con il pane, noi con la pasta. Per il pesce, la frittura di paranza (pesci piccoli) e i polipetti alla luciana (al pomodoro olive e capperi). E poi le verdure: la giardiniera, un mix di verdure, detta anche “insalata di rinforzo per Natale” o la parmigiana di melanzane che è di madre incerta, alcuni dicono sia siciliana. Io credo che la cucina napoletana sia molto equilibrata perché ci sono sempre le verdure. Mia madre equilibrava i piatti anche durante la settimana. Se si mangiava molto la domenica, il lunedì e il martedì si mangiava brodo o verdure. Mangiare legumi è molto salutare e usare un olio extra vergine di oliva di qualità è fondamentale.».
Qual è il piatto che ti manca della tua regione?
«Trippa e patane (patate), pancia di maiale e patate bollite o anche con il muso del maiale e limone. È il fast food napoletano, si mangia per strada come spuntino. Oppure anche il soffritto napoletano (o zuppa forte), un mix di interiora con pomodoro e piccante, tipico di Natale, ma gustoso anche in un panino».
A proposito, qual è il piatto tipico di Natale?
«A Natale si mangia pesce la cena del 24 dicembre e carne il pranzo del 25 di dicembre. Per il 24, come primo, ci sono gli spaghetti con le vongole, che è anche un piatto domenicale. A seguire non dovrebbe mancare il capitone, un “serpente dei mari profondi”. Normalmente lo compriamo vivo. Prima di Natale si creano delle enormi vasche sparse per tutta la città dove si posizionano i capitoni ancora vivi. Il capitone si frigge, anche se c’è chi lo mangia al sugo. In realtà è un pesce della tradizione natalizia, per questo si consuma generalmente in questo periodo. Il ragù napoletano domina, invece, il pranzo del giorno di Natale, rigorosamente cucinato dalle 3 alle 5 ore. Alcune massaie lo mettono a preparare persino 3 giorni prima».
Qual è il segreto per cucinare a casa gli spaghetti con le vongole?
«Ci sono tre segreti: semplicità, semplicità e semplicità. La cucina deve essere semplice, pochi ingredienti e buoni. Non usare chimica e dadi vari. Un buon olio extra vergine di oliva è importante. Allora per gli spaghetti con le vongole: un buon olio, aglio ed abbondante prezzemolo. In un tegame, assieme alle vongole, io aggiungo anche qualche pomodorino con un mestolo acqua di cottura della pasta. La pasta deve essere trafilata in bronzo, e scolata a tre quarti di cottura. Mantecarla per bene con le vongole a fuoco massimo. Nei ristoranti il fuoco è molto più forte che a casa, e questo nella mantecatura finale fa la differenza».
Qual è il tuo piatto preferito italiano, della tua regione e di Malta?
«Come piatti italiani, io amo la lasagna e l’ossobuco. La pasta e fagioli alla napoletana, cucinata con le cotiche, è uno dei miei piatti favoriti. A Malta adoro i pastizzi. Purtroppo non sempre sono buoni, bisogna trovare il posto giusto. Mi trovo a Malta da meno di un anno. Trovo che sia un luogo molto tranquillo, non incasinato come potrebbe sembrare. Le persone sono accoglienti. Anche a scuola di mia figlia sono preparati e precisi».
C’è un piatto di Napoli che è facile trovare in giro per il mondo?
«Tutti i ristoranti italiani nel mondo hanno sempre piatti napoletani. Difficile trovare un ristorante italiano che non abbia: la caprese (mozzarella e pomodoro), spaghetti con le vongole, pasta al pomodoro e basilico, gnocchi alla sorrentina, parmigiana di melanzane (seppur di origine incerte). Per non parlare della pizza. La diffusione della cucina napoletana nel mondo, probabilmente dipende da diversi fattori: dalla bontà dei piatti, dal fatto che sono generalmente piatti economici e anche dalla forte presenza di napoletani nel mondo».